Criptovalute: attacchi in aumento, meglio usare portafogli hardware

L'esperto di sicurezza Paolo Arcagni di F5 Networks allerta sull'aumento degli attacchi alle criptovalute. Per difendersi bisogna usare portafogli hardware.

Autore: Redazione SecurityOpenLab

Le criptovalute sono uno degli obiettivi più a rischio di attacchi informatici. Il furto di criptovalute è cresciuto sia per frequenza degli attacchi sia per ampiezza degli obiettivi. Paolo Arcagni, Sr. Manager, System Engineering di F5 Networks, consiglia di gestire il rischio appoggiandosi a portafogli hardware.

Il primo dato certo è che i furti di criptovalute hanno ormai superato il semplice cryptojacking. I dati Carbon Black sulla prima metà del 2018 riportavano furti per 1,1 miliardi di dollari in criptovaluta. CipherTrace ha conteggiato che i furti nei primi tre mesi dei 2019 hanno già raggiunto 1,2 miliardi di dollari.

Che cosa rende così interessanti le criptovalute. Prima di tutto il fatto che sono essenzialmente denaro contante. Non sono un asset finanziario che va convertito in denaro, quindi sono più vantaggiose per un cyber criminale.

Al secondo posto c'è il matrimonio fra criptovalute e privacy. I possessori sono anonimi, o meglio noti come pseudonimi, e autonomi. Non ultimo, il fatto che alcuni dei principi stessi e degli strumenti attirano clienti, sono al contempo un vantaggio per gli aggressori.
Paolo Arcagni, Sr. Manager, System Engineering di F5 NetworksNel 2019 l’annuncio di Libra ha concorso ad innalzare l'attenzione sulle criptovalute. Sotto l'aspetto tecnologico Zuckerberg non ha introdotto novità. Tuttavia, ci sono alcune differenze significative dal punto di vista della governance. Primo fra tutti il fatto che Libra è una stablecoin. Significa che il suo valore non fluttuerà in modo significativo, al contrario dei Bitcoin. Non avrà nemmeno un valore bloccato come le valute ordinarie. Il valore sarà legato a doppio filo a un paniere di depositi differenziati, selezionati della Libra Association.

Altro fattore determinante è il ruolo della Corea del Nord. Negli ultimi anni, Pyongyang ha accumulato circa 2 miliardi di dollari in valuta estera e virtuale. È stata una mossa per aggirare le pesanti sanzioni economiche a cui è sottoposto il Paese. Gli addetti governativi si sono serviti di attacchi informatici. Si calcola che circa 600 milioni provengono da attacchi agli exchange di criptovaluta e ai loro utenti.

C'è un ulteriore elemento che attira la criminalità organizzata. Con le valute ordinarie i primi bersagli di attacco sono gli istituti bancari. Con le criptovalute finiscono nel mirino i software di portafoglio, gli exchange, gli algoritmi blockchain alla base della valuta e le persone che la utilizzano. Gli utenti, in sintesi, non hanno alcuna difesa a monte. E per gli attacchi vengono impiegati vettori di attacco di ogni tipo. Da quelli insoliti a quelli tradizionali.

Ecco perché sono molto usati gli attacchi DDoS, che non richiedono raffinatezza o impegno e sono vantaggiosi. Questo e altri eventi confermano quanto lo scenario sia complesso. Da una parte i cyber criminali che sferrano attacchi di ogni genere, dall'altra una comunità ampia e variegata di utenti, con molti punti deboli.

In un quadro di questo tipo mitigare il rischio è più difficile che in contesti normali. Che cosa possono fare gli investitori in criptovalute per proteggersi? Prima di tutto controllare il proprio exchange prima di investire. In alternativa si può puntare su un Cold Wallet. In questo caso è opportuno sincerarsi che sia basato sull'autenticazione hardware, e che sia fisicamente disconnesso quando non in uso. Se usati correttamente, i portafogli hardware mitigano gran parte del rischio. Ad oggi non risultano incidenti noti di compromissione dei portafogli hardware.

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