L'autenticazione a più fattori non è infallibile

I cyber criminali hanno messo a punto attacchi informatici pensati per aggirare l'autenticazione MFA. Ecco alcuni esempi.

Autore: Redazione SecurityOpenLab

L'autenticazione a più fattori (MFA) è sempre più diffusa per la prevenzione di accessi non autorizzati sia a livello aziendale che personale. Indubbiamente fornisce un livello di sicurezza maggiore rispetto alla semplice associazione username/password. Però non è infallibile: i criminali informatici, sempre più versatili, hanno messo a punto diversi stratagemmi per aggirarla e infiltrarsi comunque nelle infrastrutture aziendali o rubare dati personali.

Un esempio pratico è quello degli attacchi di tipo man-in-the-middle o proxy Web inverso. Nella sua attuazione è piuttosto banale: l'attaccante invia alla potenziale vittima una email o un SMS con un link alla versione fasulla, ma che è una perfetta imitazione dell'originale, della pagina di login di un servizio. L'utente incautamente inserisce le proprie credenziali, che vengono abilmente reindirizzate dagli attaccanti verso il sito legittimo.

A questo punto la vittima riceve il codice di conferma per l'autenticazione MFA, e nel momento in cui lo inserisce nel sito truffa lo consegna inconsapevolmente nelle mani dei criminali informatici, insieme alle credenziali. Questi ultimi potranno così accedere al servizio reale e compromettere l'account. Devono muoversi in fretta per non far scadere la validità del codice, ma questa di fatto è l'unica difficoltà che devono affrontare.

App OAuth dannose 


Per loro natura, le app OAuth consentono a un'applicazione di terze parti di accedere a servizi cloud mediante token, senza digitare ogni volta le credenziali. In questo caso, la catena di attacco inizia con una email di phishing che contiene un link al sito Web originale di un servizio. L'utente accede con le proprie credenziali, e la pagina chiede l'autorizzazione all'utente per l'accesso da parte di applicazioni di terze parti. Se l'utente ha installata un'app OAuth dannosa, basta che acconsenta per fare che questa abbia accesso completo all'account. Quant'è probabile questa coincidenza? Secondo una recente indagine di Proofpoint, il 10% delle imprese ha autorizzato app OAuth dannose.

Estensioni del browser


Questa tecnica di attacco è probabilmente la più pericolosa. Parte dal presupposto che la maggior parte degli utenti usa il browser per lavorare, fare shopping, leggere le email e molto altro. E sfrutta i plugin, che hanno visibilità su tutto quello che accade nel browser. Anche qui ritroviamo il solito messaggio di phishing, con link per il download di un plugin, ovviamente mascherato da contenuto legittimo. Una volta installato, saccheggia tutti i dati dall'interno del browser, fra cui le credenziali di accesso ai vari servizi e siti usati dall'utente.

Insidie in crescita

La maggior parte delle aziende ha in uso software antimalware. Tuttavia, in tutti i casi elencati sopra i cyber criminali usano scaricare i file dannosi da archivi cloud legittimi come Google, Dropbox o SharePoint, che in genere sono nelle whitelist delle aziende. Aggirare questo problema è molto difficile. La strada più accessibile è spesso un cambio di strategia, con il passaggio dall'antimalware comune a una piattaforma di security che faccia uso di Intelligenza Artificiale e machine learning per il rilevamento delle minacce.

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