Gli attacchi alla supply chain sono in forte crescita: servono strategie di sicurezza estese a tutta la filiera per proteggere aziende e partner interconnessi.
Il recente Rapporto Clusit ha acceso i riflettori su una tendenza inequivocabile: gli attacchi alla supply chain sono in forte crescita e rappresentano una minaccia sempre più insidiosa per le aziende italiane. Non si tratta più solo di proteggere il perimetro aziendale, ma di estendere la visione e le misure di sicurezza all’intera filiera di fornitura.
Il report evidenzia come i criminali informatici stiano sempre più spesso prendendo di mira i fornitori di servizi IT, consapevoli che la compromissione di un singolo anello può aprire le porte a un’intera catena di aziende collegate. Si tratta di uno scenario assolutamente globale: secondo Gartner, entro il 2025, il 45% delle organizzazioni avrà subito attacchi alla propria supply chain software, con un aumento di tre volte rispetto al 2021. E il costo medio di una violazione dei dati causata da un attacco alla supply chain è di 4,29 milioni di dollari, secondo IBM.
Questo scenario impone un cambio di paradigma nella gestione del rischio, che non può più limitarsi alla singola organizzazione, ma deve abbracciare l’intero ecosistema di partner e fornitori.
QUI_METTI_LA_DIDASCAGiorgio Triolo, Chief Technology Officer di AxiteaLIA
La direttiva NIS2, che mira a rafforzare la cybersecurity a livello europeo, pone un’enfasi particolare sulla protezione della supply chain. Le aziende designate come “entità essenziali” o “importanti” dovranno non solo adottare misure di sicurezza adeguate, ma anche vigilare sulla postura di sicurezza dei propri fornitori.
Questo obbligo normativo, tuttavia, può trasformarsi in un’opportunità strategica per le aziende. Non a caso, il mercato globale della cybersecurity per la supply chain è previsto in crescita del 15,7% annuo fino al 2027, raggiungendo un valore di 20,8 miliardi di dollari. Implementare politiche di sicurezza rigorose, valutare e monitorare costantemente i fornitori, garantire la resilienza dell’intera catena di approvvigionamento: tutto ciò non solo protegge l’azienda da attacchi che sfruttano le interconnessioni tra organizzazioni, ma può anche diventare un vantaggio competitivo.
In questo contesto, la certificazione ISO 28000, che definisce i requisiti per un sistema di gestione della sicurezza della supply chain, può rappresentare un valido strumento per le aziende che vogliono dimostrare il proprio impegno nella protezione della filiera di fornitura. Questa certificazione, infatti, permette alle aziende di identificare e gestire i rischi per la sicurezza lungo l’intera supply chain, implementare misure di controllo adeguate e migliorare continuamente le proprie performance in questo ambito.
La crescente criticità di catene di approvvigionamento sempre più complesse fa sì che la protezione della supply chain oggi richieda un approccio olistico, che integri analisi del rischio, definizione di policy di sicurezza, monitoraggio continuo e risposta agli incidenti. La mancanza di professionisti qualificati nel campo della cybersecurity e la necessità di una solida governance dei dati sono altre sfide. Per questo sono necessari servizi di risk analysis and management specifici per la supply chain, che aiutino le imprese a identificare i punti deboli e a implementare le misure di sicurezza più adatte alle proprie esigenze.
La minaccia alla supply chain è reale e in crescita, ma con la giusta strategia e i giusti strumenti, le aziende possono proteggere sé stesse e i propri partner da attacchi che sfruttano le interconnessioni tra organizzazioni. È il momento di agire, per trasformare un obbligo normativo in un’opportunità strategica.
Giorgio Triolo è Chief Technology Officer di Axitea