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Italia: cercasi sviluppatori software ed esperti cloud

In Italia mancano all’appello 90mila figure professionali a sostegno della trasformazione digitale e dello sviluppo del business. La formazione è indispensabile.

Business Tecnologie/Scenari

Sono sviluppatori, cloud specialist, enterprise architect, test specialist, data specialist e information security specialist le figure professionali che mancano in Italia e di cui le aziende avrebbero forte bisogno per accelerare i processi di trasformazione digitale e avanzare nella crescita e nello sviluppo del business. Che si tratti di piccole e medie imprese o di multinazionali, il problema non cambia: nel mercato del lavoro italiano mancano i talenti tecnologici.

Su come fare per formarli, attrarli e trattenerli interviene Livia Rossetto, Senior People & Culture Manager di Mia-Platform, che porta il suo esempio dato che, nonostante la difficile situazione italiana, negli ultimi tre anni ha assunto oltre 100 sviluppatori. Rossetto parte da un dato ampiamente assodato: l’Italia è un paese in cui convivono una cultura aziendale fortemente ancorata al passato e i talenti del settore IT che con il lockdown hanno iniziato una grande rotazione del personale non ancora terminata, prendendo in mano il proprio futuro e decidendo la strada migliore da percorrere, con una maggiore consapevolezza.

È proprio questo turnover che, secondo il Ministero del Lavoro, nel 2022 ha portato alle dimissioni volontarie di 2,2 milioni di persone, che hanno lasciato il 72% dei team informatici con importanti carenze. Più che concentrarsi sulla ricerca di personale per colmare questo gap, Rossetto consiglia di sperimentare nuove soluzioni per soddisfare le necessità delle persone, garantendo al contempo la stabilità e continuità del business della propria azienda. Si parla per esempio di offrire agevolazioni come la modalità di lavoro agile, benefit e welfare aziendale e simili. Oltre che puntare sulla valorizzazione e la formazione delle figure già presenti in azienda.


Facendo riferimento alla stima Assintec-Assiform di novembre 2022, degli 89mila posti di lavoro vacanti in Italia nel comparto IT, 57mila potrebbero essere coperti da professionisti non laureati e circa 32mila fanno riferimento alla figura dello sviluppatore software. La tendenza è identica se si amplia il panorama a tutta Europa, dove i software developer sono la seconda figura IT più ricercata dalle aziende (58%) dietro ai tecnici di information security (59%) e davanti agli specialisti del cloud (55%).

La situazione è preoccupante nella misura in cui l’innovazione tecnologica si evolve rapidamente e la stragrande maggioranza dei responsabili IT si dice preoccupato dal logoramento delle proprie risorse IT messe sotto pressione.

Oltre alle agevolazioni sopra indicate, la strada da percorrere in parallelo è quella appunto della formazione aziendale sia in ottica di employee engagement motivando e dando maggiore valore ai dipendenti, sia in ottica di competenze hard ma soprattutto soft. Rossetto rimarca infatti che si tende sempre a sottolineare l’importanza delle hard skill soprattutto ma è fondamentale investire nell’acquisizione di competenze soft: in Mia-Platform “spingiamo le persone che lavorano in azienda a migliorare costantemente il loro know how personale grazie anche a percorsi di coaching professionale, promuovendo il principio di corresponsabilità e l'importanza di comunicare le proprie sfide e difficoltà […] un processo che deve avere alla base una cultura sana della comunicazione e del feedback continuo in grado di promuovere il lavoro di squadra a tutti i livelli”.

Una strada, quella della formazione, su cui l’Italia in particolare dovrà lavorare sodo considerato il suo ritardo rispetto alle principali nazioni europee sul tema delle competenze digitali. Secondo una recente ricerca svolta da The European House – Ambrosetti, per stare al passo con le necessità del mercato lavorativo l’Italia dovrà formare, entro il 2026, più di due milioni di occupati con competenze digitali di base. Le competenze informatiche non sono solo un problema professionale ma riguarda anche l’intera cittadinanza nell’era della transizione digitale avviata nell’Unione Europea: per centrare gli obiettivi UE del Digital Compass al 2030, l’Italia dovrà (ri)formare con competenze digitali di base più di 20 milioni di persone. Senza dimenticare che il Bel Paese è ultimo in Europa per numero d’iscritti a corsi di laurea in materia ICT in rapporto alla popolazione: 0,7 ogni mille abitanti, contro i 5,3 della Finlandia, leader in Europa.

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