ESET Italia cresce e innova: più dipendenti, fatturato raddoppiato e nuove soluzioni AI per proteggere PMI e aziende dal cybercrime.
Dal 2019 al 2025, la filiale italiana di ESET è passata da 1 a 44 dipendenti e il fatturato è cresciuto da 8 a 20 milioni di euro, in ulteriore crescita: nel primo semestre 2025, infatti, ESET Italia ha raggiunto il 104% del budget previsto, fissato con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente. Questo il quadro presentato alla stampa dal Country Manager Fabio Buccigrossi nell’ambito di un aggiornamento sulle attività core della filiale italiana.
La performance si inserisce in un contesto europeo in cui, sottolinea Miroslav Mikuš, Chief Sales Officer di ESET, l’Italia è ormai riconosciuta come uno dei mercati strategici, insieme a Germania e Regno Unito: “il più grande mercato che abbiamo nel mondo è il Giappone, al di là del quale i più importanti uffici risiedono all’interno dell’Unione Europea: Germania, Regno Unito e Italia”.
Buccigrossi ha ricordato che uno dei pilastri della strategia italiana è la presenza di un SOC interno a Milano, con un team di esperti italiani attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7. “Abbiamo deciso di organizzarci in Italia con un SOC locale, in lingua italiana, con ingegneri italiani, di cui sono molto orgoglioso”, racconta Buccigrossi, sottolineando che questo presidio serve oltre 200 clienti, che beneficiano di assistenza H24, servizi di triage, analisi forense, incident response e threat monitoring.
Una struttura pensata per rispondere alle esigenze delle aziende italiane - che spesso preferiscono un interlocutore locale e servizi erogati nella propria lingua - ma anche per rafforzare il legame con il canale. In questo senso proprio la scelta di offrire servizi MDR in modalità MSP è stata strategica: “Per quello che è la nostra analisi interna, l’unico vendor che oggi riesce a offrire l’MDR in modalità MSP è ESET, perché gli altri vendor che offrono l’H24, 7 su 7, lo vendono direttamente al cliente finale. Questa differenza che ci contraddistingue è molto importante nel mercato italiano perché dimostra che l’azienda vuole tenere in considerazione il canale come un supporto vero” rimarca Buccigrossi.
Da sinistra: Samuele Zaniboni, Fabio Buccigrossi, Miroslav Mikuš e Michal Jankech
Sul fronte tecnologico ha fatto il punto Samuele Zaniboni, Manager of Sales Engineering di ESET Italia, ricordando che ESET si distingue per un approccio “prevention first” e per l’integrazione di strumenti avanzati come l’OpenXDR, presentato all’ultima edizione di ESET World. Come suggerisce il nome stesso, questa novità rappresenta una “apertura verso il mercato, verso le integrazioni” argomenta Zaniboni, con l’obiettivo di mantenere le unicità e l’approccio che caratterizzano la piattaforma di ESET, ma di migliorarne l’efficacia. Il manager ricorda infatti che la soluzione XDR di ESET nasce come estensione naturale della protezione endpoint, con l’obiettivo di prevenire gli attacchi prima ancora che si verifichino, e al contempo di gestire e contestualizzare gli incidenti in tempo reale, grazie a servizi H24 e alla capacità di rispondere tempestivamente alle nuove normative come la NIS2.
Ulteriore novità è l’introduzione di ESET AI Advisor, un modulo di intelligenza artificiale generativa che funge da assistente virtuale per l’analisi degli incidenti e la gestione proattiva del rischio. Questo strumento è utile per colmare il gap di competenze in cybersecurity e permettere alle imprese di proteggere efficacemente i propri asset digitali. Inoltre, questo strumento integrato nella piattaforma ESET PROTECT MDR Ultimate, consente anche agli analisti meno esperti di interagire con la piattaforma tramite linguaggio naturale, ricevere suggerimenti operativi e ottenere analisi dettagliate sulle minacce.
Ultimo ma non meno importante è l’Agentic AI, ossia l’impiego di strumenti di intelligenza artificiale focalizzata su verticali ben precisi, nell’ambito dei quali ha capacità di autoapprendimento, consapevolezza situazionale (per la reazione a condizioni impreviste) e capacità di ridefinire le proprie azioni per ottimizzare i risultati. A differenza delle GenAI tradizionali, l’Agentic AI consente di identificare, prioritizzare ed eseguire dinamicamente test e azioni di sicurezza, migliorando la resilienza e la scalabilità delle soluzioni di cybersecurity Michal Jankech, Vice President Enterprise, SMB & MSP di ESET, ha confermato che al momento l’Agentic AI è oggetto di test interni e sarà presto introdotta per permettere un ulteriore step nel livello di automazione della security.
A proposito di tecnologia, i manager hanno coralmente ricordato che un elemento distintivo di ESET è il peso dato alla ricerca e sviluppo: il 45% dei dipendenti aziendali lavora nella R&D, con una presenza significativa di centri in Europa (Slovacchia, Regno Unito, Romania, Polonia) e Canada. Questo indica una particolare attenzione all’innovazione, che si riflette in tutto quello che l’azienda propone: l’esempio più lampante riguarda l’AI: ESET utilizza tecnologie basate sull’intelligenza artificiale da oltre 25 anni e questo rappresenta uno dei punti di forza dell’offerta.
Tradizionalmente forte nel segmento PMI, ESET ha colto l’occasione della crescente complessità geopolitica e della domanda di soluzioni sovrane per espandere la propria offerta anche al segmento enterprise. Jankech ha sottolineato che “la maggioranza dei clienti di ESET resta nel settore SMB, a cui è indirizzata la soluzione automatizzata per la discovery delle minacce”, tuttavia l’azienda ha “colto l’occasione per approcciare anche il segmento enterprise”.
Il focus sulle piccole e medie imprese non è casuale: “i numeri delle telemetrie ci danno ragione sul fatto che gli attaccanti puntano al mercato PMI perché è più facile compromettere un’azienda che non ha numerose persone specializzate in cybersecurity, né tecnologie super avanzate”, argomenta Zaniboni. L’affermazione è suffragata dai dati: secondo l’ultimo SMB Digital Security Sentiment Report di ESET, oltre due terzi delle PMI ha subìto un incidente di sicurezza negli ultimi 12 mesi, con un costo medio di quasi 220.000 euro per violazione. Il 74% delle PMI europee e nordamericane si sente più vulnerabile rispetto alle grandi aziende.